Articolo N. 3 Il primo maggio di Ozieri e il comparatico di San Giovanni |
IL PRIMO MAGGIO DI OZIERI E IL COMPARATICO DI S. GIOVANNI |
di Alberto M. Cirese |
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Nel Ripulimento prima, e poi nelle Armonie il Madao ci offre una descrizione sommaria, ma non priva di particolari circostanziati, del giuoco cerimoniale del primo maggio che, come preciseranno poi successive informazioni, si svolgeva ad Ozieri. La costumanza è nota perchè cinquanta anni più tardi la descrisse il La Marmora nel suo Voyage, e precisamente nella seconda edizione del primo volume che, in questo punto come in altri, amplia e modifica la prima1. Ancora una volta le notizie fornite dal La Marmora sono più ricche e particolareggiate: mentre il Madao faceva consistere il giuoco nella semplice riunione delle fanciulle sotto una sorta di baldacchino, nella messa in comune entro un canestro di "varie galanterie donnesche", e nel canto di una strofetta a "Maja " (con gli inevitabili rinvii al mondo classico), il La Marmora precisa il meccanismo del gioco, che consisteva nel cantare, dopo la strofetta iniziale, altre strofe alternativamente augurali e ingiuriose estraendo a caso dal canestro, dopo ciascuna di esse, uno degli oggetti che i partecipanti vi avevano in precedenza deposto, così che ad ognuno toccasse in sorte l'augurio o l'ingiuria2. Tuttavia, ancora una volta, le notizie del Madao erano esatte, anche se incomplete e particolarmente importante è la sua annotazione del testo del canto delle fanciulle, giacchè sino ad oggi ne sono note, a quanto ci risulta, solo le due lezioni raccolte indipendentemente dal La Marmora e da F. Valla3, e quella del Madao, che viene così ad essere la prima in ordine di tempo, e che sostanzialmente conferma i testi successivamente raccolti:
E Maja, e Maja, et bene veniat Maja, Cun s'arma, et cun su fiore, et cun totu su soliu amore.
Probabilmente il "maja" segnato dal Madao è una sua alterazione di "maju", operata per accentuare la connessione dell'uso moderno con l'antichità classica4; il "soliu" che compare alla fine e poi del tutto incomprensibile, ed è quasi certamente un fraintendimento del "sole" che si incontra nelle lezioni del La Marmora e di F.Valla. Ma gioverà il confronto diretto con le lezioni successive. Quella del La Marmora, metricamente meno irregolare, suona:
Maiu, maju, beni venga Cun totu su sole e amore, Cun s'arma e cun su fiore, E cun sa margaritina.
Più ampia la lezione di F. Valla:
E' mmaju, è mmaju E beniffenga,
E tattu su sole de amore Cu ss'elmo e cu ssu fiore E con sa margaritina, Unu anzu e dissiplina An dadu pro amore.
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Nelle lezioni del Madao e (del La Marmora compare una espressione che lascia dubbiosi: il "maggio" reca non solo i fiori, suoi abitualissimi attributi, ma anche un'arma piuttosto sconcertante, sia che si voglia pensare ad uno strumento di guerra (come potrebbe far supporre "1'elmo" che compare nella lezione del Valla) sia che si pensi, come il Garzia, ad una voce e ad un concetto araldici5. Ma a noi pare che qui non si tratti nè dell'una nè dell'altra cosa; e ce lo suggerisce proprio l'"elmo" della lezione del Valla, posto in connessione con un'altra attestazione del Madao, confermata poi dal La Marmora. Vogliamo riferirci alla notizia, contenuta nel Ripulimento, circa i vasi, detti "erme" o "nenniri", in uso per il S. Giovanni.
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Dobbiamo soffermarci un momento su questa notizia. Il costume sardo del comparatico di S. Giovanni, con l'uso dei vasi detti nènniri, fu utilizzato, come è noto, dal Frazer nel suo Golden Bough e interpretato come sopravvivenza dei "giardini di Adone"6 . Il Frazer attingeva le notizie, e derivava anche la connessione con il mondo antico dall'opera del Bresciani; ma in verità nè la descrizione del costume nè il suo raffronto con le feste adonie appartenevano al padre gesuita, il quale si era limitato a rivestire del suo stile piuttosto discutibile le pagine che il La Marmora aveva dedicato all'argomento, e a omettere l'indicazione della su fomite7. Si veda il primo volume del Voyage - ancora una volta nella sua seconda edizione che anche in questo punto modifica ed amplia la prima8 - e si ritroveranno quasi parola per parola le notizie e le interpretazioni che il Bresciani, volutamente o no, fa apparire come proprie, secondo un poco rigoroso e troppo diffuso costume compilatorio che nel caso specifico del comparatico di S. Giovanni (e del maggio di Ozieri) avrà una ulteriore manifestazione nella pubblicazione di Serafino Gabriele che traduce alla lettera il La Marmora, solo indirettamente citato, traendo in inganno il lettore che non possa approfondire l'argomento specifico e usurpando l'onore di "fonte " a proposito della voce "erme"9.
La prima registrazione del termine erme, e del parallelo nènniri, risale invece al Ripulimento manoscritto del Madao. Le notizie che egli fornisce in proposito sono invero assai sommarie, soprattutto se le confrontiamo con quelle che cinquanta anni più tardi ci darà il La Marmora: manca la descrizione del cerimoniale del comparatico (anzi non si fa cenno alcuno al legame del comparatico), ed anche la descrizione del modo di confezione del vaso non è troppo chiara, giacchè sembra quasi che sia il vaso stesso a prender la forma di figura umana senza braccia (donde, per il Madao, la connessione con hermes, Mercurius), mentre invece il La Marmora parla di una pupattola, talvolta di pasta, collocata sui davanzali assieme al vaso. Ma l'interesse dell'attestazione del Madao resta inalterato, sia perchè ci riconduce a tempo meno prossimo, sia perchè contiene l'annotazione di quel termine erme, la cui esistenza non è, in tal modo, attestata dal solo La Marmora. Questi nella prima redazione del suo testo aveva scritto "elme", ed aveva anche annotato: "Le vase avec touffe de blé se nommant su elme (l'elme), on dit pone su elme (poser l'elme), pour annoncer que 1'on va à la fête du comperage de la St. Jean"10 . Nella seconda edizione del primo volume il passo che ora abbiamo riferito venne soppresso; la grafia del nome divenne "erme"; la descrizione si ampliò con l'aggiunta delle notizie sul cerimoniale caratteristico di Ozieri; è proprio in questa aggiunta che fa la sua comparsa la pupattola di cui abbiamo fatto menzione. Si potrebbe supporre che il La Marmora sia stato messo sulla traccia del cerimoniale del comparatico di S. Giovanni dalle annotazioni del Madao (che, si noti per inciso, era di Ozieri); ma la cosa appare poco probabile, sia perchè il La Marmora non fa cenno a precedenti descrizioni dell'uso, sia perchè l'annotazione del Madao era manoscritta. Saremmo quindi di fronte a due attestazioni distinte e indipendenti dell'esistenza del nome "erme". Si aggiunga che il La Marmora annota l'espressione e "ecco un erme, un nenneri", usata, a suo dire, e "lorsqu'on voit un champ semé inégalement qui présente ça et là de trop gros touffes de frument"11.
Esistono altre testimonianze dell'esistenza del termine? Qui soccorrono le lezioni del canto di maggio di Ozieri: quando nella lezione di F. Valla si incontra l'espressione "cu ss'elmo e cu ssu fiore", e ci si libera dalla suggestione guerresca che potrebbe derivare dall' "arma" che compare nelle altre lezioni, appare con evidente chiarezza che l'"elmo" è appunto l'elme della prima edizione del La Marmora, e quindi l'erme della sua seconda edizione e del Madao. Ed anche l'arma delle altre lezioni appare allora, con notevole grado di probabilità, come una possibile alterazione di "erme". Nulla di araldico o di guerresco dunque, nel "maggio" ozierese, ma un più normale riferimento a fatti di germinazione e di vegetazione, in perfetto accordo con gli attributi normali del maggio, e con "i fiori e le margaritine".
Qui naturalmente si apre la questione della etimologia e del valore preciso del termine: è problema che spetta agli studiosi dei fatti linguistici che soli potranno stabilire se erme, fuori di ogni troppo facile ricorso all'antichità, non sia puramente e semplicemente la voce "(g)erme"12, e potranno in ogni caso accertare meglio che valore abbia il complesso di indicazioni di cui disponiamo (equivalenza di ermie e nènniri come designazione del vaso cerimoniale con grano germinato; uso dei due termini, secondo il La Marmora, per indicare un campo seminato irregolarmente che presenta qua e là grossi "ciuffi" di frumento; impiego del termine elme o erme nel canto di maggio in connessione con i fiori; possibile relazione tra nènniri e l'aggettivo compidanese nénnaru che ha valore di "stentato"), in rapporto con il valore del greco hermai di cui il Madao segnala il significato di "stolones, seu inutiles fruticationes" che è appunto uno dei sensi attestati del vocabolo greco. L'accertamento, ripetiamolo, è compito degli specialisti in materia linguistica: a noi tuttavia parrebbe che le indicazioni disponibili rendano palesemente più "economica" a una interpretazione del termine come "ciuffo", "ciocca" di vegetazione, ed una esclusione di rapporti troppo diretti ed immediati con l'antichità classica.
Abbiamo così condotto a termine il nostro sommario esame delle notizie etnografiche registrate da Matteo Madao. Trarle dalla dimenticanza non c'è sembrato inutile sia per il posto particolare che il Madao occupa cronologicamente nello sviluppo degli studi e delle rilevazioni etnografiche in Sardegna al limite com'è tra la casualità delle annotazioni settecentesche e precedenti, e la sistematicità del La Marmora e dei successivi; sia per lo specifico valore documentario delle singole attestazioni. La lettura diretta delle sue pagine consentirà di controllare (e completare o rettificare) quanto siamo venuti dicendo, e di utilizzare il suo materiale in modo più ampio di quanto a noi non sia stato consentito.
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1 La prima edizione del primo volume del Voyage era stata pubblicata a Parigi nel 1826: la seconda, come abbiamo già indicato, uscì nel 1839. La descrizione del primo maggio di Ozieri compare solo nella seconda edizione, pp. 265-66.
2 Una nuova descrizione del giuco fornì più tardi F. Valla, Il primo maggio in Ozieri, estr. da ("Archivio per lo studio delle Tradizioni popolari" a. XIV, 1895: particolarmente importante perchè reca una nuova e più ampia lezionee del testo della strofetta iniziale (che il Valla chiama pesada) e perchè dà vari e interessanti esempi (lei distici augurali o ingiuriosi (torradas bonas e malas) che le fanno seguito nello svolgimento del giuoco.
3 F. VALLA, o.c. Altri autori riportarono il testo, ma lo derivarono più o meno direttamente dal La Marmora. R. GARZIA (in A. BOULLIER, I canti pop. della Sardegna, trad. it. con note etc. di R. G., Bologna 1916, pp. 211-12) tentò di ricostruire la " lezione più attendibile, segnalando, ma non riproducendo, il testo fornito dal Madao.
4 Si noti infatti che nel Ripulimento il Madao aveva scritto "hvmnum Majae canunt, sub nomine Maji". Una influenza della probabile alterazione classicheggiante delle Armonie del Madao sul La Marmora può forse vedersi nel fatto che questi parla di "invocazione al mese di maggio", ma soggiunge tra parentesi "o a Maja" (o.c., 1, 18392, p. 266).
5 R. GARZIA in A. BOULLIER, I canti cit., p. 212: "Un sardo sa che nè nella lingua né nel comune pensare pensare esiste la voce e il concetto araldico di arma" sospetava perciò "una provenienza forestiera".
6 J. FRAZER, Adonis, Attis, Osiris, I, pp. 244-45: cfr. jd., I1 ramo d'oro, trad. di L. De Bosis, Torino 1950, I, pp. 560-61. Sulla connessione con le feste di Adone ed altri significati della cerimonia sarda v. V. LANTERNARI, La politica culturale della chiesa nelle campagne: la festa di S. Giovanni, in "Società a, XI, n. 1, febbr. 1955, pp. 64 sgg.
7 A. BRESCIANI, Dei costumi, cit., II, pp. 269-71.
8 A. LA MARMORA, Vovage cit. I, 18392, pp. 263 sgg. Nella prima edizione (pp. 258-59) mancava tutta la descrizione delle modalità della cerimonia caratteristica di Ozieri.
9 S. GABRIELE,Usi dei contadini della Sardegna, in "Archivio per lo studio delle Tradizioni popolari", VII, 1888, pp. 468-474, poi in Ricordi della Sardegna, Torino 1888, p. 114. Cfr. M. L. WAGNER, Dizionario cit., voce "erme".
10 LA MARMORA, Vovage cit., 1, 1826, p. 259.
11 O.c., 1826, p. 258, n. 1; 18392, p. 264, n. 1.
12 Ci segnala cortesemente questa possibilità Antonio Sanna.
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