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2005

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  Franziscu Muroni

  Su campusantu

  Risposta a Marianu

  Frore de bona sorte

  Su banzigu, sa netta e sa nannedda

 

 

 

 

              
Franziscu Muroni
(Protagonista e martire della "Sarda Rivoluzione" )

Francesco Muroni nacque a Bonorva da una famiglia tra le più distinte del paese. Abbracciò presto la missione religiosa e, dopo l'ordinazione sacerdotale venne inviato a reggere la parrocchia di Semestene, un piccolo centro vicino a Bonorva. Prete Muroni era già un religioso molto colto e profondo interprete della scienza teologica. Questa dimensione culturale, umana ed evangelica, nello stesso tempo, lo portò ad essere molto sensibile alla difesa dei problemi che affligevano i deboli, i poveri vassalli spremuti come cenci dalla fiscalità feudale i quali trovavano sostegno alla vita nelle magre risorse della campagna. Correva l'ultimo decennio del 1700. Forse, quello spazio di tempo è stato il periodo più nero dell'esperienza feudale. Il paese di Semestene era compreso nella baronia infeudata ai signori di Villarios. Il personaggio che reggeva il feudo in quegli anni, rimase famoso per essersi distinto tra i più spieiati di tutti i teempi. Imponeva ai vassalli, anche balzelli illegittimi, ed erano guai se non venivano corrisposti. Il prete Muroni, rimaste senza risposta le sue suppliche fatte giungere al sovrano per il tramite del viceré Vivalda, suppliche che chiedevano soltanto giustizia umana, non si rassegnò a rimanere zitto e fermo, in fondo, - non si chiedevano miracoli, si chiedeva soltanto di moderare le gabelle e sopprimere gli abusi - non ebbe difficoltà a schierarsi con quelli che sostenevano il Movimento della "Sarda Rivoluzione" che faceva capo a Giommaria Angioy. Questi, a gran voce, predicavano il superamento dell'istitutto feudale ed il riscatto dei feudi da parte dei vassalli. Fermo nei suoi convincimenti umani e cristiani, fece giungere costantementee ai suoi parrocchiani ed ai vassalli del Logudoro, tutti in tumulto, messaggi chiari per convincerli ad unire le volontà e le energie più sane per portare avanti una causa la più nobile e giusta. Prete Muroni era sempre disponibile per recarsi a predicare nelle chiese e nelle piazze dei paesi, in nome della causa contro le ingiustizie feudali. Nello stesso tempo, divenne uno degli organizzatori più attivi dei Patti di Unione che sono stati stipulati tra molte Comunità del Capo di Sopra. Molti studiosi attribuiscono ai Muroni diversi messaggi firmati con il pseudonimo di "Sardo Patrizio", messaggi che in quell'occasione fecero il giro del Logudoro giungendo costantemente all'attenzione dei parrocchiani e dei vassalli in generale. Divenne grande amico e confidente di Angioy e con Angioy condivise la buona e la cattiva sorte. Anche lui, dunque, venne a trovarsi nella lista degli imputati principali e perseguitati dalle autorità veceregie. Dopo il fallimento della marcia verso Cagliari tentata da Angioy, accompagnò l'ex Alternos nella fuga dalla Sardegna e nel vagabondare per le diverse città della Terraferma, da Genova a Livorno, da Livorno a Milano, dopo a Torino. In Torino si proponeva di poter avere un coloquio con il sovrano, ma, questo proposito gli venne negato, ebbe comunque l'opportunità di poter parlare con il ministro Galli, legato alla casta dei feudatari. Il ministro Galli, infatti, aveva sposato una della famiglia Manca, titolari della baronia di Montemajore e del ducato dell'Asinara. Il ministro, non si sa se l'abbia fatto in buona o in mala fede, certamente nel proposito di convincerlo a rientrare in Sardegna senza correre rischi, gli fece sapere che il giorno 8 giugno del corrente anno 1796, era stato emanato un pregone regio il quale decretava un'amnistia per i reati politici commessi nel Logudoro. E' difficile poter credere che il ministro Galli non fosse al corrente del fatto che in Sardegna il governo viceregio stava opponendo enormi resistenze all'applicazione integrale del provvedimento di amnistia, soprattutto nei confronti dei seguaci intimi di Angioy. Muroni, comunque, sentendosi garantito dalle parole di un ministro del re, si dispose a rientrare in Sardegna. Approdò a Orosei e giunse a Bonorva il giorno delle Marie, l'otto di settembre del 1796. I parenti, i paeseni, i parrocchiani di Semestene, lo accolsero con tutti i riguardi, sembrava un liberatore inviato dal Cielo. Tranquillo e sereno, convinto di quanto gli aveva assicurato il ministro Galli, s'affrettò ad informare del suo rientro i tre delegati viceregi che erano stati inviati a Sassari dopo la destituzione di Angioy dalla carica di alternos, i commissari, con un opposito corriere fecero recapitare a Muroni un pregone di poche righe articolato come dì seguito: Firmato: Delrio,Musso, Guìso. Con lo stesso pregone lo dichiaravaano indegno di rimanere in libertà nel Regno e gli applicavano una taglia di 500 scudi. Quella sorpresa non se l'aspettava di certo e provocò nel suo animo l'effetto di un diluvio. A parte l'affanno per le sue pene personali, pensava alle difficoltà che avrebbero investito i suoi famigliali, gli amici, e non erano pochi in Bonorva e negli altri paesi del Logudoro. Non gli rimaneva altra scelta se non quella di allontanarsi da Bonorva e darsi alla macchia. Incominciò a vagare per le campagne dei paesi che aveva percorso più dì una volta predicando per il Movimento antifeudale, cambiava spesso gli abiti e si era lasciata crescere la barba per alterare i connotati. Si può immaginare quanto poteva essere penosa la latitanza per un prete non più giovane, poco bene in salute e di fronte alle difficoltà di dover vivere insieme ad altri banditi dei quali le campagne erano popolate. Nei monti di Bonorva e di Semestene non si sentiva sufficientemente sicuro, allora, cercò di trovare rifugio nei monti di Bono, di Thiesi, della Planargia di Suni dove poteva contare sull'appoggio di buoni amici. Era perseguitato senza tregua dalla gendarmeria comandata dei delegati viceregi e dai baroni. Viveva la latitanza nella speranza di una rivincita di Angioy con l'aiuto della Francia repubblicana aiuto più volte promesso e assicurato. In un colloquio riservato confidò al suo vescovo che per settimane intere s'era alimentato soltanto di ghiande bollite, come si usava cucinare le castagne. In Bonorva, in quel periodo rovente, si viveva un clima di terrore. Si potevano contare non meno dì 20 persone tra fuorusciti e latitanti. Il paese era diviso in due fronti e la gente si guardava con diffidenza. Da una parte erano schierate le famiglie della nobiltà asservita ai baroni ed al potere viceregio, dall'altra parte i parenti, gli amici dei Muroni, in prima fila, uno dei fratelli che in Bonorva gestiva una farmacia e con loro tutti quelli che difendevano i vassalli. Con i ricchi, in primo piano erano schierate le famiglie dei Prunas-Casanova, dei Prunas-Pes, dei Prunas-Dore, tutti imparentati tra loro. Una dei Prunas-Pes avava sposato donna Costanza Valentino di Tempio, nipote del malfamato giudice Giuseppe Valentino. Valendosi anche di queste parentele e amicizie, i tre delegati viceregi s'affrettarono a spostarsi a Bonorva per combattere il fronte che si era schierato con i Muroni e pretendere che tutti inginocchiati ed umiliati, ad incominciare dai componenti il Consiglio commutativo, pronunciassero un giuramento di assoluta fedeltà al sovrano, nello stesso tempo, non dimenticavano di avvertire che si proponevano di perseguire con qualunque mezzo gli angioyani ostinati. Nelle campagne di Suni, il prete Muroni venne colto dalle febbri catarrali e trovò rifugio in casa di un amico del luogo. All'amico, l'ammalato, certamente in buona fede, fece sapere di essere ricercato dalla giustizia per reati politici e di essere anche taglionato. Si poteva essere più ingenuo di così! L'amico simulando premura e attenzione, lo condusse a casa sua per tenerlo al riparo e curarlo. La sincerità dell'amico si mise in chiaro quando, un giorno, sul tardi, si sentì bussare violentemente la porta. Davanti alla casa erano appostate pattuglie di dragoni inviati dai Prunas di Bonorva ed il prete Muroni fu dichiarato in arresto. Lo legarono per bene al basto di un ronzino.Due capi della corda che lo tenevano stretto vennero assicurati alla sella dei cavalli dei due guardiani che lo dovevano scortare. Questi fatti accaddero il 25 marzo del 1797. Dovevano raggiungere Sassari evitando di percorrere il Meilogu. Seguendo, percorsi secondari, puntarono dritti su Villanova, quindi ad Alghero. Qualche giorno dopo, una domenica, il rettore Muroni entrrò in Sassari. Davanti a lui marciavano squadroni di soldati armati sino al capelli, accompagnava il corteo il suono di pifferi e di tamburini. Una folla enorme di gente fatta affluire appositamente dai baroni in rivincita, s'era schierata lungo la strada. Don Antonio Manca, barone di Montemajore, nemico giurato del Muroni, in sella ad un borioso cavallo, si avvicinò e lo coprì di insulti velenosi. Con una spada in pugno si mosse incontro per tentare di colpirlo. Venne fermato dai soldati della scorta. Qualcuno, scherzosamente, gli chiedeva la benedizione, altri lo sputavano in faccia, altri ancora gli mostravano le teste umane chiuse dentro gabbie di ferro e che erano appartenute ad altri giustiziati. venne condotto nelle carceri di San Leonardo e consegnato a quattro guardiani i quali, per mortificarlo, lo fecero salire lungo la scalinata che conduceva alla forca. Gli misero una collana al collo ed una catena ancorata ad un anello fissato al muro. Vicino legarono un cane affamato per tenerlo sveglio. Il rettore Muroni venne processato e condannato. La curia di Sassari, dopo aver consegnato un memoriale dell'arcivescovo, avanzò la richiesta dei diritti "Privilegium fori". Dopo il processo, gli atti vennero inviati a Torino. Il Governo regio, credette di amnistiare le colpe commesse prima dell otto giugno del 1796 e di considerare non politiche quelle che potevano essere commesse dopo quella data. Muroni lasciò la prigione di San Leonardo e venne trasferito nella prigione dell'arcivescovado che era ubicata nel castello aragonese, dove prima era istallato il trribunale della Inquisizione.. II rettore Muroni morì a Sassari il 26 gennaio del 1810 e venne sepolto nella chiesa di San Pietro di Silki.

Totoi Mura (Padria)
2° premio 2005 (Sezione prosa «Angelo Dettori»)