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1959

  A sa Barbagia pro sos fizos mortos de s'odiu

  Aggiu lu cori nieddu

  Naddari di tandu

  Alveschida de dolore

  Sa di' de is mortus

  La to' umbra

  Bentu

  E ite nd'apo 'ogadu

  Mama

  Pro te Sardigna

1960

 

 

 

 

E cosa ho guadagnato?

E cosa ho guadagnato in questa vita,
da tanto sacrificio e lavoro?
Ho esposto il fisico come un bersaglio,
in ogni tempo e in ogni stagione;
e mi vantavo di essere un campione
in agricoltura, accettavo ogni sfida…

Da piccolo, immaginandomi adulto
rubavo i semi a mio zio
e li seminavo dietro lui
pensa…! Di ciò che avevo seminato
senza capire che il risultato
una volta spuntato, avrebbe arrecato un danno.

Ma non stentò ad accorgersene:
mi regalò un ceffone
tanto che ho visto la mia faccia accendersi.
Intanto insistevo sempre davanti a mio zio
di voler seminare un tratto di terra,
fino a quando non fu costretto ad accontentarmi.

E dopo, quando sono cresciuto
nel lavoro ci mettevo impegno,
non mi risparmiavo proprio niente
perché ci tenevo a far una gran bella figura
Avevo come mania la fissazione
che nessuno mi avesse superato.

Ero orgoglioso, ma veramente ero
agricoltore esperto e geniale,
come me ma più famoso
non era possibile (ce ne fossero altri) e senza paura
il rigore di ogni stagione
affrontavo senza curarmene.

Ho affrontato tutto senza vergogna
perché si dice che il lavoro nobilita,
quando le forze impieghi per lavoro;
ma da tutto ciò…cosa ho guadagnato?
Un misero e vecchio curvo sono diventato
carico di dolori, privo di salute.

“Su tzittadinu” 1959